Sicurezza energetica: pochi ne parlano e nessuno sa cos’è. Prendo spunto da questo interessante articolo “Building back greener with anaerobic digestion and biogas” pubblicato dalla rivista on-line Circular (https://www.circularonline.co.uk/features/building-back-greener-with-anaerobic-digestion-and-biogas/) appunto per tematizzare un concetto poco frequentato nel dibattito sugli scenari energetici nazionali e internazionali: la sicurezza energetica. Soprattutto dopo il Covid-19.
Nell’articolo in questione si menzionano diversi concetti noti e ampiamente trattati su biometano ed economia circolare, con ampia profusione di studi e reports di organismi internazionali.
Ho voluto isolato uno solo tra tutti questi concetti per approfondirlo perché lo considero il più trascurato: la sicurezza energetica: “Energy security – and independence – has therefore become a critical aspect of any post Covid-19 recovery plan.”
La sicurezza energetica è dunque un concetto legato alla dipendenza energetica, che riflette la necessità di continuità nei rifornimenti energetici a prezzi sostenibili.
L’elevato ricorso all’approvvigionamento energetico fuori confine rappresenta una delle principali criticità per l’Italia e per l’Unione Europea, molto legata ad import di gas naturale e petrolio, a cui si aggiunge un secondo aspetto di vulnerabilità, legato al fatto che le importazioni di fonti fossili provengono in larga misura da Paesi con elevato profilo di rischio geopolitico.
La sicurezza energetica di un paese è tanto più a rischio quanto più alta è la dipendenza energetica e tanto più le importazioni provengono da limitati paesi fornitori con poca stabilità geopolitica. Influente è anche la presenza di adeguate infrastrutture di import-export in grado di rendere l’approvvigionamento rapido, diversificato e affidabile.
La dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti di fonti primarie impatta la qualità di un sistema energetico non solo in termini di sicurezza ma anche sul piano della competitività di un Paese e della sostenibilità ambientale: se si dipende dall’estero solitamente per le fonti fossili questo incide direttamente sulle emissioni dei gas serra.
Queste problematiche possono essere mitigate dalla diversificazione del mix energetico, come è avvenuto negli ultimi anni con le politiche di supporto alle fonti rinnovabili, dallo sviluppo di infrastrutture (anche di rigassificazione) e da una discreta diversificazione dei Paesi fornitori.
E’ proprio in quest’ottica che il biometano può diventare il fattore determinante nella riduzione della dipendenza energetica, perché le matrici sono disponibili e programmabili: frazione umida del rifiuto solido urbano, biomasse agricole, fanghi di depurazione, acque reflue, liquami da zootecnia, sono biomasse disponibili da cui in Italia si può arrivare a produrre fino 8/10 miliardi di metri cubi di biometano, equivalenti a circa il 10% del fabbisogno nazionale italiano in termini di consumi.