Se di bioGNL parla Legambiente bisogna alzare le antenne. Nel corso di un’audizione del luglio 2017, Legambiente, nell’ambito della Roadmap 2030 Mobilità Sostenibile del governo, all’interno di allegato al documento in consultazione sulla SEN (Strategia Energetica Nazionale) ha elaborato tre proposte di Azione (o scenari).
Secondo Legambiente la Strategia Energetica Nazionale, emessa nel 2017, ha conferito al biometano liquefatto un ruolo strategico. Vediamo i contenuti principali della prima proposta, che ci riguarda direttamente.
La decarbonizzazione dei trasporti al 2030 punta sui biocarburanti per la riduzione tra il 17 e il 19% di emissioni CO2 del settore, e questa riduzione può essere realizzata attraverso la produzione di biogas da FORSU e da sottoprodotti agricoli, con l’upgrading del biometano, e la liquefazione e distribuzione nei centri logistici e nei porti.
Secondo il SEN nell’arco dei primi anni (2018-2022) sarebbe sufficiente una produzione aggiuntiva di 3 miliardi Nm3/anno di biometano, a cui si potrebbe aggiungere la conversione (circa il 25%) di parte degli impianti di biogas usati ora per la produzione elettrica con rendimenti modesti. Si renderebbero così disponibili 3,7 miliardi Nm3/anno di biometano da autotrazione, il 10% dei carburanti, grazie agli incentivi già previsti per i biocarburanti “avanzati”, quale obbligo dei distributori, senza costi per lo stato.
Recita poi l’allegato “ E’ possibile poi incrementare la produzione di biometano destinato ai trasporti sino a 10 miliardi di Nm3/anno (il 25% dell’attuale consumo di carburanti), un obiettivo raggiungibile grazie alla disponibilità di investitori privati (agricoltura e utility) non di molto superiore a quelli mobilitati nel quadriennio 2010 – 2013.
In Italia circolano 49 milioni di veicoli circolanti, poco meno di un milione sono alimentabili a metano (900 mila auto, 80 mila autocarri e 4 mila autobus): è il parco veicolare più grande al mondo, frutto di investimenti (privati, flotte aziendali, trasporto pubblico) e di incentivi pubblici. L’industria nazionale (Fiat e Iveco) ha avuto un ruolo primario. Usare biometano è l’unico modo per valorizzare un primato italiano in futuro”.
Per Legambiente non bisogna puntare su milioni di automobili con emissioni inquinanti locali analoghe alla benzina, e ormai destinate a soccombere nella competizione con l’elettrico, ma piuttosto occorre convertirsi al biometano compresso o meglio liquefatto, con nuovi mezzi bio-GNL (bio-metano liquefatto a basse temperature) adibiti al trasporto pubblico interurbano, al trasporto merci pesante, mezzi agricoli e, soprattutto navali, a cominciare da quelli lacuali e della laguna veneta.
“E’ ragionevole una trasformazione obbligata di gran parte del parco nell’arco di 3 o 5 anni, cominciando dai veicoli più vecchi di dieci anni e il divieto di circolazione nelle aree urbane o applicando pedaggi autostradali o accessi ai porti molto più cari. Il trasporto pesante su strada incide (dati Agenzia Europea EEA) per il 19% delle emissioni del settore dei trasporti: in Italia sono immatricolate 150 mila motrici.
Le società di autotrasporto stanno già realizzando la prima rete di distributori a GNL (gas liquefatto, oggi fossile). Incentivare la sostituzione di 100 mezzi pesanti, dotandoli di serbatoi criogenici a biometano liquido, prodotto nei principali impianti di biogas/biometano da scarti organici nazionali è senz’altro più conveniente di qualsiasi incentivo all’acquisto di 4 milioni di auto a gas.
Nel medio e lungo termine, arriveranno a maturità tecnologica i motori fuel cell e dell’idrogeno di origine rinnovabile: in comune con il ciclo del biometano liquido sono i fondamenti tecnologici del trasporto e dello stoccaggio e forse anche una parte della produzione di idrogeno rinnovabile, come fase intermedia della digestione anaerobica degli scarti organici”.
Per Legambiente “vale proprio la pena promuovere ricerca e sviluppo in queste tecnologie”.
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