Il grande cambiamento negli scenari energetici nazionali, l’unico, vero possibile cambiamento per un Paese che ha pochissimi giacimenti di combustibili fossili, si chiama biometano, un metano di matrice biogenica, derivante dal processo di upgrading di biogas da digestione anaerobica.
Il biometano si inserisce a pieno titolo, con un ruolo determinante, nello schema concettuale dell’economia circolare e quindi in uno schema di sostenibilità ambientale, come vettore energetico pulito.
E’ evidente che la sostenibilità ambientale non è sufficiente per attivare un cambiamento: è altresì necessaria la sostenibilità economica del modello di business.
Rimandando ad altra sede l’analisi della sostenibilità economica e della redditività degli impianti di produzione, è nostro interesse, invece, in questa sede, comprendere se i fondamentali del mercato, domanda/offerta, drivers di sviluppo, ci sono e se sono solidi, se insomma, la casa è costruita sulla sabbia o sulla roccia.
Dunque occorre analizzare numeri e tendenze relative al biogas e alle matrici da cui si ricava il biometano, vale a dire la Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano, non computando gli altri possibili feedstocks di origine biogenica (biomasse agricole, sottoprodotti agricoli, fanghi di depurazione, scarti industriali, e sottoprodotti di origine animale).
Il punto di partenza di questa analisi è una ricognizione sulla materia prima, la cosiddetta FORSU.
Qualche dato quanti-qualitativo di contesto può aiutare a inquadrare il tema.
In base ai dati dell’ultimo rapporto redatto da ISPRA il volume complessivo derivante dalla gestione dei rifiuti urbani in Italia ammonta a quasi 30 milioni di tonnellate (ultimo report del 2018), la raccolta differenziata in Italia ha raggiunto nel 2017 una percentuale superiore al 45% dei rifiuti urbani complessivamente raccolti.
La Lombardia è la prima regione d’Italia per raccolta di frazione organica, con oltre 1,1 milioni di tonnellate; seguono le regioni Veneto, Emilia Romagna e Campania con quasi 700.000 tonnellate ciascuna.
La raccolta della frazione organica (frazione umida + verde) ammonta quindi a 6 milioni di tonnellate annue, con una crescita annua (con una tendenza abbastanza consolidata) di circa il 10% ogni anno.
Secondo i nostri calcoli sono necessari 6 milioni di tonnellate annue, interamente dedicate alla produzione di biogas (attraverso la digestione anaerobica) per produrre poco meno di 600 milioni di metri cubi di biometano, che corrispondono a circa allo 0.6% della domanda di gas naturale nazionale.
Per poter contribuire significativamente sulla quota di mercato del gas naturale italiano di produzione interna sarebbe necessario implementare anche il biogas generabile da impianti agricoli, fanghi di depurazione e gas da discarica.
Considerando che la produzione nazionale è di circa 7 miliardi di metri cubi è evidente che c’è un importante gap produttivo da colmare, c’è una carenza di impianti di produzione di biometano, in presenza di un costante aumento di FORSU, poiché la percentuale di raccolta differenziata aumenta ma gli impianti funzionanti (non dimostrativi) sono sempre esigui rispetto al potenziale.
In alcune regioni d’Italia è sconosciuto il criterio di prossimità poiché non esistono impianti di produzione di biometano così i centri di raccolta scoppiano letteralmente, come i portafogli di brokers e di proprietari di impianti di smaltimento di mezza Europa.