“Brevi cenni sull’universo”: ecco un titolo di un articolo di giornale che avrebbe fatto saltare sulla sedia Antonio Gramsci (“Brevi cenni sull’universo come caricatura del titolo pedantesco e pretenzioso [cit. I quaderni dal carcere]). “Brevi cenni sull’universo” sono tutti quegli interventi nel discorso pubblico, in forma scritta e orale, che trattando un tema enunciano solo una wishlist, in forma di “…occorrerebbe… sarebbe auspicabile…” ma senza mai parlare con coraggiosa chiarezza, evitando di affrontare un problema portando dati analitici, messi in fila secondo un flusso logico, con una tesi sottostante corroborata da evidenze empiriche e se possibile da un’esperienza diretta del problema.
Proviamo a parlare di biometano in Italia senza entrare in tecnicismi da addetti ai lavori ma ad addetti ai lavori che si trovano in prima linea a fronteggiare i problemi. Ecco un primo tema dal titolo “il biometano e il suo (mancato) sviluppo” sul quali provochiamo l’effervescente community ad una riflessione condivisa.
Il biometano in Italia ha un enorme e oggettivo potenziale di sviluppo, in termini di numeri, e come incredibile opportunità economica se solo ci riferiamo alle fonti da cui generarlo, alla loro disponibilità (rifiuti umidi, scarti della lavorazione agricola, fanghi di depurazione, liquami degli allevamenti). Per non parlare delle esternalità positive per il clima e le ricadute dirette sulla creazione di posti di lavoro e di ricchezza.
Prima domanda: il Decreto Biometano 2/3/2018 ha messo il turbo al mercato? Risposta: NO.
Dal sito del GSE: “Nel periodo di riferimento gennaio-marzo 2020 la producibilità è stata di circa 77,5 mln Sm3 all’anno, il 7% del limite massimo ammesso pari a 1,1 miliardi di standard metri cubi. Per quanto riguarda la produzione di biometano avanzato, nel medesimo periodo, risultano 23.120 CIC oggetto di ritiro da parte del GSE per un controvalore di circa 8,7 milioni di euro. Il GSE ha incentivato circa 15,1 milioni di Sm3 dei quali ha fisicamente ritirato e collocato sul mercato circa 13,8 milioni di Sm3, per un controvalore di oltre 1,5 milioni di euro”.
E’ evidente che aspettiamo i numeri dell’intero anno 2020 ma la sostanza non cambia: queste cifre dicono che il biometano esiste come potenzialità ma il plafond di 1,1 miliardi di metri cubi rimarrà intatto. Ci sono molte iniziative annunciate ma sono ancora pochissimi gli impianti allacciati.
Allora cosa non ha funzionato e cosa non sta ancora funzionando?
Di sicuro si tratta di un mix multi-fattoriale ma in questa sede non scriviamo un trattato e ci focalizziamo su un fattore chiave che definiremo l’assoluta mancanza del doveroso meccanismo di follow-up al DM 2/3/2018. In questa sede ci poniamo delle domande e non formuliamo soluzioni.
Come è ormai prassi inveterata in questo Paese, anche se ampiamente prevista per legge, non viene effettuato la cosiddetta VIR, ossia la Verifica Impatto Regolatorio, (“ La finalità della VIR è, dunque, di fornire, a distanza di un certo periodo di tempo dall’introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull’impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di valutare possibili revisioni della regolazione in vigore”). Questa verifica serve anche a vedere se si sono prodotti i cosiddetti effetti perversi, per poi attuare i necessari correttivi.
Il legislatore, e il Ministero dell’Ambiente, e tutti gli Enti che a vario titolo seguono il DM 2/3/2018 hanno disposto la VIR nel caso del DM 2/3/2018, in altre parole: si sono interrogati sulle reali motivazioni di questo mancato sviluppo rispetto alle risorse allocate e messe a disposizione? Come mai il numero degli impianti che immettono biometano in rete è così esiguo rispetto alla disponibilità di matrici input? Come mai in alcune aree d’Italia non c’è neanche un impianto?
Porsi le domande giuste è più efficace prima che dare risposte…che diventano “cenni dall’Universo”.